Etichette: quando l’attenzione all’ambiente è leva di business

Cronaca del Congresso di Primavera Gipea (24 e 25 maggio, Torino), da cui emergono spunti interessanti, orientati all’innovazione di prodotto e di processo.
Con la sostenibilità di filiera in primo piano, ovviamente. Maria Costanza Candi


Tema guida per il 2019, la sostenibilità, intesa come riduzione dell’impatto ambientale e rafforzamento delle strategie necessarie a implementare il paradigma dell’economica circolare, indispensabile per trasformare i rifiuti in risorse, abbattendo drasticamente l’impronta ecologica di un settore come quello delle etichette e degli imballaggi, che giocano un ruolo centrale nella filiera del riciclo e del riuso.
Nell’introduzione ai lavori, Elisabetta Brambilla, Presidente di GIPEA, ha presentato un mercato sano, cresciuto del 2,2% nel 2018 e con un + 4.2% CAGR medio tra il 2008 e il 2017.
L’Italia si confronta con successo sui mercati internazionali, attestandosi come quarto produttore dell’area UE, nonostante la generale crisi della carta stampata.

Lavoro, territorio e carbon footprint: nuove logiche  
La parola è passata poi all’Accademia, con il Politecnico di Torino e il C-Lab, che lavorano sulla contaminazione tra contesti produttivi e imprenditoriali diversi in una logica di Eco-Design che, secondo il professor Paolo Tamborrini, è una delle parole chiave della svolta sostenibile per il pianeta.
Serve infatti progettare il rapporto tra lavoro, ambiente, imprese e persone, tenendo in considerazione le peculiarità del territorio e l’impronta ecologica. Ridurre gli spostamenti del personale con smart working e mobility management, creare distretti industriali che possano disporre dei servizi necessari, ma che mettano anche in campo tutte le strategie necessarie allo sviluppo dell’economia circolare: una scelta su tutte, la gestione della filiera degli scarti, un tema sollevato più volte con proposte e soluzioni tecnologiche innovative.
Con l’Eco-Design, l’attenzione all’ambiente si integra con il business, per una progettazione che riduce drasticamente anche i costi del recupero, trasformando i rifiuti in risorse e abbattendone al massimo l’impatto economico nella fasi finali della gestione. Sistemi aperti, costituiti da reti di relazioni tra imprese e formazione, per far proseguire la catena del valore oltre il punto in cui le vecchie logiche ne vedevano la fine, cioè i rifiuti.

Condividere e uniformare le regole: una necessità
La giornata è proseguita con Antonio Feola, responsabile sostenibilità e materie prime presso Unione Italiana Food, che riunisce in associazione 800 marchi leader, 65.000 addetti e guida un percorso di sensibilizzazione ai temi della sostenibilità, che partono dalla scelta delle materie prime, della loro produzione, per arrivare a packaging ed etichette.
Feola solleva un tema importante, quello dei regolamenti e delle certificazioni, ancora molto disomogenee tra paese e paese, ma anche all’interno di uno stesso mercato. Tra standard diversi, decine di manuali e politiche di incentivazione alla sostenibilità difformi all’interno e all’esterno dell’Unione Europea, è difficile per il settore definire una direzione e formare i propri associati, gli addetti, i manager, a scelte ambientali consapevoli, legate all’economia circolare. Per il settore food, infatti, può diventare una vera e propria occasione di business, dalla co-generazione energetica per alimentare i siti produttivi, al riciclo degli imballaggi e delle etichette in cooperazione con i consorzi e i produttori, come gli associati GIPEA.
Secondo Unionfood, serve quindi misurare la sostenibilità con un quadro regolamentare e normativo condiviso a livello transnazionale tra legislatore e produttori, per rendere standard pratiche che, per il momento, sono lasciate all’iniziativa dei singoli.

Pensiamo alle logiche di carbon neutrality, cioè le strategie aziendali di compensazione delle emissioni nette di gas serra (Net Zero Emissions), applicate all’imballaggio; alla misurazione certificata della Carbon Footprint, l’impronta di carbonio determinata dalla quantità di emissioni di gas serra generate lungo il ciclo di vita di un prodotto fin dalle materie prime; ai 54.700.000 kg di CO2, ai 1.6000.000 m3 di acqua, ai 10.650.000 kg di rifiuti risparmiati da 9 aziende partecipanti a un progetto di sostenibilità lanciato da Unionfood per il rapporto di sostenibilità 2013.
Per il comparto, l’impegno in questa direzione non è cosa di oggi e le sfide non sono finite qua, se si pensa che alcuni grandi player stanno ipotizzando di raggiungere l’ambizioso obiettivo del 100% di packaging riciclabile o proveniente da rinnovabili entro il 2025.
Si tratta quindi di obiettivi che si raggiungono con strumenti condivisi di analisi dei processi, ma anche con la sensibilizzazione dei consumatori: una delle leve di innovazione ma anche di nuovo business, se resi consapevoli dei vantaggi ambientali determinati dalle loro scelte di consumo.


Più tecnologia e più ambiente per essere credibili
La tavola rotonda della seconda giornata è stata l’occasione per ragionare sulle soluzioni, tra R&D e prassi consolidate.

Il tratto comune ai partecipanti, coordinati da Domenico Tessera Chiesa di Sales, Certified B Corp con oltre un secolo di storia alle spalle, è la certezza che lo sviluppo sostenibile sia prima di tutto una positiva leva di business per le imprese, che si impegnano a modificare le proprie strategie verso una maggiore sensibilità ai temi ambientali. 

Ne è convinto Flavio Aragozzini, di UPM Raflatac, che cita il +25% di riuso del packaging e il +20% di nuovi prodotti carbon neutral come una vera e propria leva di marketing.
Secondo Aragozzini infatti, la categoria deve interrogarsi su come vendere di più grazie alla gestione responsabile delle foreste e ai risultati dell’R&D, per creare nuovi prodotti capaci di contenere l’impatto ambientale. È il caso dei prodotti UPM Biofore, rinnovabili, riciclabili e biodegradabili o delle soluzioni di etichettatura che permettono di riciclare la miscela di carta, plastica, silicone e inchiostro che compongono gli scarti della produzione di etichette autoadesive.


Soluzioni rivoluzionarie per l’ambiente, ma anche efficienti per il cliente ed ottime leve di marketing, come confermato da Paola Pagliarini di Avery Dennison, che ha evidenziato i problemi legati alla separazione del PET da altri materiali in fase di riciclaggio, per giungere a un prodotto pulito e pronto a rientrare in produzione.
La sfida tecnologica è infatti legata allo sviluppo di etichette che aderiscano perfettamente, siano durevoli e affidabili, vista l’importanza delle informazioni obbligatore che contengono, ma che possano anche essere facilmente separate dai consumatori e dotate di colle compostabili che non mettano a rischio la contaminazione della filiera. Esiste un prodotto pronto, ma per una modifica alla composizione, l’intero processo di certificazione deve essere riattivato, con una consistente dilatazione dei tempi. Un tema ricorrente quello dell’armonizzazione delle certificazioni e dei sistemi di misura, già accennato nel corso del Congresso di Primavera.

Anche Sergio Veneziani di Ritrama ha offerto un interessante contributo legato agli scarti che, nella prospettiva dell’economia circolare, sono una risorsa. Il marketing deve però contribuire con scelte di design che permettano di ridurre gli sfridi, contemplando processi di recupero attraverso una filiera che non consideri mai il rifiuto come un elemento a perdere della produzione. Con la tecnologia linerless quindi, è possibile ridurre drasticamente gli scarti e l’impatto ambientale: una tecnologia innovativa porta a scelte vincenti sotto il profilo ecologico e dei costi per il cliente.
Secondo Veneziani oltre a offrire un prodotto, serve spingersi verso la consulenza che motivi al cliente la necessità di compiere scelte sostenibili, grazie ai vantaggi economici offerti dalle nuove soluzioni tecnologiche.

Le conclusioni di Domenico Tessera Chiesa, infine, hanno rafforzato il ruolo del comparto come ambasciatore di scelte ecologiche necessarie. Tra queste, ad esempio l’allineamento dei materiali tra packaging primario e secondario, una delle tante soluzioni che favorirebbero il recupero dei materiali necessario a perseguire il paradigma dell’economia circolare.
Non è quindi solo per una spinta etica che le aziende devono prendere una direzione sostenibile, ma per un preciso interesse commerciale: solo così la “rivoluzione green” auspicata dal Congresso di Primavera Gipea 2019 può diventare realtà.

GIPEA, Gruppo Italiano Produttori Etichette Autoadesive, associa oltre 70 produttori specializzati di etichette autoadesive e più di 30 soci simpatizzanti, in rappresentanza dei fornitori di materie prime e tecnologie. Fondato nel 1989, Gipea fa parte del  sistema di Confindustria attraverso Assografici ed è attivo in un circuito internazionale di categoria, il Finat (Associazione europea dei trasformatori di etichette autoadesive); grazie al lavoro congiunto,  mantengono viva l’attenzione di produttori e utilizzatori sui trend di mercato in Europa e nel mondo.

Maria Costanza Candi
Giornalista freelance, si occupa di divulgazione tecnico- scientifica. 

 

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